Colpire e riflettere, essere colpiti e ringraziare
- Takeshi Oryoji
- 1 ago
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Aggiornamento: 2 ago
Lo sport e il budō, nelle loro forme di interazione tra individui, possono apparire esteriormente simili. Tuttavia, nella società contemporanea, l’attività fisica basata su concetti sportivi è diventata predominante. In tale contesto, il budō viene facilmente confuso con lo sport, rendendo necessaria una chiara distinzione tra i due per chi lo pratica. Per questa ragione, ho sottolineato una delle principali differenze: lo scopo dello sport è vincere, mentre quello del budō è perseguire un “colpo perfetto (migotona ippon)”.
Innanzitutto, lo sport e il budō hanno origini completamente differenti, ciascuno con una propria evoluzione storica. Entrambi contengono un elemento di competizione, volto a superare un avversario, che si può rintracciare già nei loro momenti fondativi. Si dice che lo sport affondi le radici nei tempi della caccia e della raccolta, quando gli uomini gareggiavano tra loro per affinare le tecniche di caccia. Il budō, invece, trae origine dal bujutsu o dal bugei, principalmente dal kenjutsu, l’arte della spada, sviluppatasi insieme alla katana e alle tecniche di combattimento dei samurai. Anche qui era presente, inevitabilmente, l’elemento della competizione.
Col passare del tempo, tuttavia, il concetto di “sport” ha attraversato diverse epoche e civiltà, trasformandosi. L’avversario è rimasto un'entità da superare, e si è formato una visione del mondo in cui l’identità personale si definisce secondo criteri comparativi.
Nel caso del bujutsu, invece, il significato dell'avversario ha assunto un’altra dimensione con l’evoluzione dei tempi, trasformandosi attraverso la fusione con lo spirito del bushidō. Il bushidō è il sistema di valori e morale che un samurai deve seguire. Questo implica che ogni individuo si confronti con il proprio io interiore, coltivando lo spirito e la personalità. Così, nella pratica delle bujutsu, bugei, si è iniziato a trovare in esse un mezzo per l’allenamento spirituale e la formazione morale. In questo processo, è nato il concetto di budō: non più solo tecnica di combattimento, ma cammino di maturazione interiore.
La via della spada non è l’unica. Anche nella cerimonia del tè (sadō) o nell’arte della composizione floreale (kadō) si cerca la perfezione attraverso forme rituali codificate. L’elemento comune a tutte queste vie è l’aspirazione alla perfezione dei gesti attraverso il rispetto della kata (forma, modello).
Tornando al kenjutsu, praticare regolarmente con una spada vera sarebbe stato troppo pericoloso. Anche con un bokken (spada di legno), gli scambi liberi provocavano spesso incidenti gravi. Perciò si è data sempre più importanza alla pratica del kata, l’esecuzione codificata del gesto ideale, perfezionata nel tempo con l’accumularsi della saggezza. Il fine ultimo dell’allenamento in dōjō è diventato seguire questa forma ideale in modo impeccabile.
Seguire il kata non significa solo eseguire una sequenza di movimenti corretti, ma anche soddisfare livelli di precisione che includono aspetti non visibili dall’esterno: il modo di usare il corpo, il tempo, il respiro. In questo processo, l’attenzione nell’allenamento interpersonale si sposta gradualmente dall’avversario al proprio mondo interiore.
Successivamente, con l’introduzione dello shinai (spada di bambù) e delle protezioni, è diventato possibile praticare liberamente scambi offensivi e difensivi. Così nacque il prototipo dell’attuale kendō. Tuttavia, l’orientamento verso la realizzazione del colpo ideale ispirato dalla kata non è mai venuto meno. Questo porta al concetto trattato nel mio articolo precedente: la ricerca del migotona ippon.
In altre parole, il kendō ha sviluppato una visione del mondo in cui si cerca di mantenere calma interiore e postura corretta anche durante uno scambio libero, esprimendo tecniche attraversate da gesti ideali e reazioni pure. Anche l’avversario davanti a sé è, naturalmente, impegnato nella stessa ricerca del migotona ippon.
Nel kendō esiste un’espressione:
“Colpire e riflettere, essere colpiti e ringraziare.”
Se ci si accontenta del fatto che un proprio colpo abbia centrato il bersaglio per caso durante l’allenamento, non si arriverà mai a cogliere l’essenza del migotona ippon. Solo quando si comprende che tale colpo è qualcosa da cercare per tutta la vita si può dire di essere veramente all’inizio del cammino.“Colpire e riflettere” significa proprio questo: anche se il colpo è andato a segno, bisogna riflettere se non sia stato frutto del caso, o se mancasse ancora qualcosa rispetto al migotona ippon. D’altra parte, chi considera il fatto di essere stato colpito come semplice sfortuna, non potrà mai comprendere il colpo migotona ippon. Essere colpiti significa che c’era una falla nella propria difesa.“Essere colpiti e ringraziare” è l’insegnamento che invita a ringraziare l’altro per aver fatto emergere quella falla.
In questo modo, nel kendō, l’avversario diventa una figura preziosa che collabora nel verificare il grado di perfezione del proprio ippon. Alla fine di ogni sessione di kendō, c’è una scena ricorrente che vale la pena osservare.
Finita l’ultima parte dell’allenamento, chiamata jigeiko, gli allievi si dispongono in seiza davanti all’insegnante per calmare il respiro. Al comando, si entra in silenziosa meditazione(mokuso). Poi, si saluta il maestro e ci si saluta a vicenda. Finito tutto, gli allievi si alzano e vanno a cercare, uno ad uno, coloro che sono stati loro compagni di scambio durante il jigeiko. Si siedono di fronte a loro e dicono:
“Grazie per avermi fatto da partner oggi durante il jigeiko. Se ci sarà un’altra occasione, contiamo di nuovo l’uno sull’altro.”
A ciò, l’altro risponde:
“Grazie a te. Lo spero anch’io.”
Questo scambio si ripete con tutte le persone con cui si è incrociato lo shinai.Anche se ufficialmente l’allenamento è finito, questo gesto è diventato una consuetudine condivisa. Nessuno sa con esattezza da quando esista, ma probabilmente si ripete in tutti i dōjō del mondo. È una manifestazione naturale della gratitudine verso l’altro.A me, questa scena, piace moltissimo.
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