MIGOTONA IPPON 見事な一本
- Takeshi Oryoji
- 1 lug
- Tempo di lettura: 4 min
Lo sport è un termine che racchiude in sé diverse attività fisiche finalizzate a scopi molteplici. Nello scritto precedente, ho utilizzato il termine “sport” come oggetto di confronto per comprendere il Budo, senza specificare. Vorrei quindi precisare che il tema qui trattato riguarda, fra le varie forme di attività sportiva, quelle in cui si compete per determinare un vincitore e un perdente.
Come si evince già da queste righe, lo scopo dello sport competitivo è vincere. Al contrario, nel Budo tradizionali, vincere non è lo scopo. Affermazione che per molti risulta sconcertante: in una situazione in cui ci si prepara a scambiare tecniche con un avversario di fronte a sé, cosa mai si dovrebbe fare se non cercare di vincere contro chi sta per colpirci o afferrarci? Se provate questa sensazione di smarrimento, forse è perché vi trovate ancora in una posizione mentale sportiva. Eppure esiste effettivamente un altro approccio possibile: affrontare un confronto tecnico con uno scopo diverso dalla semplice vittoria. Ed è proprio questa seconda attitudine a costituire il concetto fondamentale del Budo.
Allora qual è lo scopo del Budo? Ad esempio, se citiamo ciò che afferma l’Associazione Giapponese di Budo (riportato sul sito ufficiale del Nippon Budokan), leggiamo: «Il Budo ha come obiettivo quello di forgiare la mente e il corpo attraverso la pratica tecnica marziale, affinare il carattere, elevare la conoscenza e formare persone di valore». Nella maggior parte dei dojo che si definiscono “Budo” troviamo parole di intento simile, ed è un concetto coerente. Tuttavia, passando subito a un’espressione dal tono fortemente morale, si rischia di sentire questo obiettivo troppo astratto e distante se lo si confronta con lo scopo concreto dello sport, cioè vincere.
Non voglio contestare questi principi, ma quando diventano solo un’esortazione morale, si rischia di non trovare alcun legame pratico con l’allenamento quotidiano nel dojo. Finisce per diventare una semplice frase fatta, priva di contenuto. Credo dunque sia necessaria una comprensione graduale che ci conduca a questi principi. Qui voglio provare a mostrare, con parole mie, lo scopo del Budo in modo più vicino, in termini di distanza concettuale, allo scopo sportivo del “vincere”.
Alla base dell’addestramento nel Budo si trova sempre uno stato d’animo volto a raggiungere “una tecnica che emerga da movimenti perfetti”. Chiamiamo l’espressione di questa tecnica “Un MIGOTONA IPPON –見事な一本 MIGOTONA IPPON”. MIGOTONA significa elegante, brillante, magnifico; IPPON è un termine usato nei combattimenti per indicare una tecnica decisiva perfettamente eseguita. Questo MIGOTONA IPPON – un MIGOTONA IPPON, elegante e perfetto – ha la caratteristica di affascinare non solo un pubblico terzo, ma di risuonare soprattutto nel cuore dell’avversario. È una sorta di emozione, completamente diversa dal rancore o dalla sete di vendetta che talvolta nasce nella sconfitta. È un impatto che risveglia ed energizza positivamente, come se qualcosa di bloccato tornasse a fluire. Un colpo che, invece di infliggere ferite mortali o uccidere, ha la natura di attivare e rafforzare l’energia dell’altro in modo costruttivo. Un colpo di questa natura viene chiamato “活人剣/拳KATSUJINKEN – spada/pugno che dà vita”. In altre parole, MIGOTONA IPPON è per sua stessa natura anche un KATSUJINKEN.
L’obiettivo del Budo (inteso come allenamento tecnico) è quindi mirare a questo MIGOTONA IPPON durante il combattimento.
A questo punto qualcuno potrebbe pensare: se un MIGOTONA IPPON implica di fatto la vittoria, allora anche nel Budo lo scopo è vincere, esattamente come nello sport. Ma non è così. Infatti, il MIGOTONA IPPON appare come vittoria solo quando il movimento perfetto che lo produce soddisfa contemporaneamente anche i criteri di vittoria stabiliti dalle regole sportive. Vediamo perché.
Nello sport esistono regole. La vittoria e la sconfitta sono determinate non dai contendenti stessi, ma da un terzo: l’arbitro. Di conseguenza, l’atleta non compete per superare l’avversario in senso assoluto, ma per far sì che l’arbitro ritenga che, secondo le regole, egli abbia prevalso. Il dover rispettare regole e affidare il giudizio a un arbitro indirizza l’attenzione mentale durante lo scontro in modo già diverso rispetto al Budo.
Le regole sportive garantiscono sicurezza ed equità, ma servono anche a rendere il gioco più efficiente e interessante; maggiore è la dimensione dell’evento, più cresce questo aspetto. Di conseguenza, le regole spesso impongono di sopprimere parte delle reazioni dettate dal puro istinto del confronto. Per esempio, esistono limiti di tempo o sanzioni per chi mantiene una postura difensiva troppo a lungo, regole create per esigenze organizzative o per non annoiare il pubblico. Ciò costringe l’atleta ad attaccare anche quando non vi sarebbe alcuna vera apertura per farlo.
Come detto, un MIGOTONA IPPON nasce da uno stato mentale di perfetta armonia nei movimenti. Forzare un attacco, ignorando la sensazione che non sia il momento giusto, solo per vincere rispettando una regola, non può far parte di un movimento perfetto. Perciò, anche se si vince rispettando queste regole, se si affronta la sfida come un Budoka, quella vittoria non ha valore. In questo si trova una delle ragioni per cui lo scopo del Budo non è vincere.
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